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dott.G.I. 5 ore fa “Innanzitutto se era tutto chiaro Amoris laetitia perché ci fu una richiesta di chiarimento di 4 Cardinali, risposta mai scritta, e poi se uno prende la comunione sapendo in cuor suo di non poterla fare , si commette peccato?” (mario mancusi)
Innanzitutto, ricordiamoci che Dio oltre ad essere infinita Misericordia, è anche infinita Giustizia. Pretendere di andare in paradiso continuando a voler commettere peccati mortali, è un voler burlare Dio, ma San Paolo afferma che “Deus non irridetur”, cioè Dio non si lascia prendere in giro da noi.
«Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all’Eucaristia senza prima aver ricevuto l’assoluzione nel sacramento della Penitenza» (Catechismo n.1415).
«Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione». (Catechismo n.1385)
Riporto un testo di Giovanni Paolo II:
“A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi». (ECCLESIA DE EUCHARISTIA n.36)
Il problema è: chi stabilisce quando una coscienza non è in stato di grazia, ed è consapevole di essere in peccato mortale? Esclusi i casi di quelli che vorrebbero prendere in giro Dio (come se Dio non conoscesse i loro più intimi pensieri), esistono casi (situazioni difficili, complesse e «irregolari» ) di persone (divorziati risposati o conviventi) che meriterebbero un trattamento tutto particolare.
Il capitolo VIII di Amoris Laetitia è intitolato: «Accompagnare, discernere e integrare la fragilità» in ordine al possibile accesso ai Sacramenti di un «divorziato che vive una nuova unione».
I tre verbi-chiave di Amoris Laetitia sono «Accompagnare, discernere e integrare», riferite alla «fragilità» delle famiglie.
In sintesi, la ricetta è cercare di «integrare tutti» nella Chiesa, anche i casi più difficili, perché compito della Chiesa è integrare tutti, cioè «aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita» (Amoris Laetitia n.297).
«Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino. Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità (cfr Mt 18,17). Ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione.» (Amoris Laetitia n.297)
Secondo Papa Francesco, i casi di persone “irregolari”: «Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti». (Amoris Laetitia n.299)
L’Esortazione apostolica Amoris Laetitia. https://www.vatican.va/content/francesco/i...s-laetitia.html
Per rispondere alla domanda se i divorziati risposati o i conviventi possono accedere alla S. Comunione, occorre leggere e meditare attentamente tutta l’Esortazione apostolica.
Esplicitamente, in Amoris Laetitia, il Papa non parla dell’accesso dei divorziati risposati alla S. Comunione. Non dà una risposta di carattere generale. Implicitamente ne parla nell’articolo 305, insieme con la nota 351, in cui afferma che l’aiuto che la Chiesa può dare: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti.» (nota 351). Da notare che Papa Francesco, nello scrivere: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti.», usa il verbo potere (“potrebbe”), e non altri verbi, e per di più al condizionale…
Quindi, l’Esortazione non cambia la dottrina precedente, ma – questo sì – rende più complicato eseguire il discernimento. Mentre in precedenza si faceva subito a dare una risposta, perché la questione era tagliata con la spada, in modo netto (con norme di carattere generale); ora, può essere richiesto un percorso ulteriore di discernimento.
Per essere chiaro e schematico, ecco quanto affermano quattro testi del Magistero precedente:
a – Giovanni Paolo II, in “Familiaris consortio“, n.84, scrive: “La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati”; https://www.vatican.va/content/john-paul-i...-consortio.html
b – In “Reconciliatio et paenitentia“, n.34, ancora Giovanni Paolo II dice che la Chiesa invita i suoi figli che si trovano in queste dolorose condizioni, e cioè sono divorziati risposati, “ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste.”; https://www.vatican.va/content/john-paul-i...aenitentia.html
c – E Benedetto XVI, in “Sacramentum caritatis“, n. 29, ribadisce: “Il sinodo dei vescovi [sull’Eucaristia, del 2005] ha confermato la prassi della Chiesa di non ammettere ai sacramenti i divorziati risposati…”; https://www.vatican.va/content/benedict-xv...-caritatis.html
d – Il Catechismo, n.1650, afferma: «Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione». www.vatican.va/archive/catechism_it/p2s2c3a7_it.htm
Queste regole chiarissime facilitavano il discernimento, perché davano una norma generale, valida in tutti i casi, anche quelli più problematici.
Secondo i suddetti documenti, ci sono due casi in cui i divorziati risposati possono ricevere la S. Comunione, evitando, in ogni caso, il pericolo di scandalo:
1 – quando vi è la certezza morale che il primo matrimonio è nullo, ma non ci sono le prove per dimostrarlo in sede giudiziaria (e pertanto non si può ottenere l’annullamento canonico);
2 – quando i due divorziati risposati si astengono dai rapporti sessuali, propri dei coniugi.
Con Amoris Laetitia, queste regole restano valide e non sono abolite. L’Esortazione riafferma, in continuità con il Vangelo e con il Magistero della Chiesa, l’indissolubilità del matrimonio cristiano (n. 292); il divorzio come un male preoccupante anche per il numero crescente (n. 246); le nuove unioni consolidate nel tempo e irreversibili, ma che non sono l’ideale proposto dal Vangelo (n. 298); ecc..
Tuttavia, si prendono in considerazione i casi “irregolari” di persone divorziate e risposate, prevedendo un complicato percorso di discernimento, in vista di un loro EVENTUALE accesso ai Santi Sacramenti (S. Confessione e S. Comunione). Infatti, l’accesso ai Sacramenti è solo eventuale (“potrebbe”, dice la nota 351 che ho citato sopra). Tutto dipende dall’esito del discernimento.
298. I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione». C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di «coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido». Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia.
Chi è che concretamente opera il discernimento di un singolo caso e decide se un divorziato risposato o convivente può accedere ai Sacramenti?
Senza entrare nei dettagli, l’Esortazione non parla di permesso del sacerdote per accedere ai Sacramenti, ma di processo di discernimento pastorale e personale accompagnato da un pastore (Amoris Laetitia n.300).
I presbiteri hanno il compito di «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che «orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere.»(Amoris Laetitia n.300)
L’Esortazione non promuove il “fai da te”, ma avvalendosi dell’accompagnamento/discernimento di un sacerdote (non accondiscendente o accomodante: cfr. Amoris Laetitia 298-300), qualora si propendesse per l’eventuale accesso ai Sacramenti (Santa Confessione e Santa Comunione) da parte di divorziati risposati o di conviventi “more uxorio”, ci si rivolge al Vescovo (cfr. Amoris laetitia n. 295-312) o a sacerdoti da lui prescelti.
In ogni caso, van tenuti presenti alcuni impegni da osservare, quali ad es.:
“Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia” (n. 298); e dunque “la consapevolezza della irregolarità della propria situazione” (n. 298).
Afferma il Papa al n. 307: “Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza”.
Non bisogna sbandierare: “Se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità (cfr Mt 18,17)” (n. 297).
E’ necessario sempre ricordare che non esiste, per nessuno, il diritto alla S. Comunione Eucaristica, essendo Essa un dono gratuito di Dio, come neppure esiste il diritto di usufruire di un tipo di “misericordia” che non comporti il pentimento e l’impegno serio ad uscire dal peccato.
Chi accedesse alla S. Comunione, deve pertanto:
– riconoscere l’indissolubilità del Sacramento del matrimonio, e non accettare il divorzio neppure in certi casi; – non pretendere che siano Gesù Cristo e la Sua Chiesa ad adattarsi a noi, ma che dobbiamo essere noi a conformarci al Vangelo di Cristo; – non pretendere dalla Chiesa ciò che essa non può dare.
Va evitata “ogni forma di scandalo” (n. 299), il che significa che la S. Comunione si può fare “in certi casi” senza recare danno alla comunità ecclesiale. In pratica la Comunione si potrebbe fare privatamente o là dove non si è conosciuti come divorziati risposati o conviventi: – evitando così di causare giudizi, sconcerto e scandalo tra i fedeli; – non facendo pubblicità al proprio caso; – non generalizzando tale soluzione.
Pertanto non si tratta di un automatismo, di accesso generalizzato alla S. Comunione, possibile a tutti, in qualsiasi situazione, ma solo in certi casi e a certe condizioni.
Inoltre, il divorziato risposato o convivente che chiede a un sacerdote autorizzato dal proprio Vescovo di fare un percorso di discernimento sul proprio caso personale, è tenuto a molti altri impegni, come quello della preghiera quotidiana, personale-coniugale-familiare (perché “la famiglia, che prega unita, resta unita” n. 227); l’impegno di testimonianza cristiana in famiglia e nella professione (n. 158); la partecipazione costante alla S. Messa domenicale; l’impegno a educare i propri figli nella Fede cristiana (tutto il cap. VII); e, soprattutto, la cosa più difficile, l’impegno ad attuare la PIENA CONTINENZA, cioè l’astenersi dagli atti sessuali propri dei coniugi (cfr. Familiaris consortio, n.84). Amoris Laetitia non la cita espressamente, né la esclude, né la nega.
Dopo tutto il percorso di discernimento (dove la coscienza del divorziato risposato o convivente, accompagnato dal sacerdote, si è lasciata illuminare dalla Parola di Dio per riconoscere ciò che è bene e ciò che è male), se dopo questa maturazione di giudizio, la persona ritiene di volersi accostare ai Sacramenti, lo farà in piena responsabilità, assumendosene tutte le conseguenze davanti a Dio (che vede bene se il desiderio è dettato da vero amore o dalla pretesa di rivendicare un “diritto” all’Eucarestia). Viceversa, al termine del percorso di discernimento, la persona, ben illuminata sulla propria situazione gravemente irregolare, potrebbe essa stessa sentirsi non degna di accostarsi ai Sacramenti.
Il processo di discernimento termina con la conferma scritta della decisione: con onestà davanti a Dio, in piena libertà e sulla base di ciò che si è vissuto nell’intero processo, la persona o la coppia prende la decisione che sembra più in accordo con la volontà di Dio. Con la guida spirituale, si redige il resoconto del corso e la decisione presa, perché rimanga come documento per la persona o la coppia e per essere consegnata al vescovo diocesano e al parroco, se non fosse stato lui la guida spirituale.
Quindi, tutto dipende da come i sacerdoti indirizzano le anime. Se sono bravi a illuminare e a scoraggiare…; se poi la persona è decisa ad andare fino in fondo, non ascoltando la guida spirituale, firmerà la propria condanna.
In ogni caso, sono esclusi per il soggetto: – il discernimento “fai da te”; – le soluzioni facili, a buon mercato: “Sappiamo che non esistono «semplici ricette».” (n. 298) – la ricerca di sacerdote/Vescovo accondiscendente o accomodante (cfr. n. 298-300).
Ricapitolando, per l’accompagnamento pastorale e l’integrazione ecclesiale dei fedeli in situazione matrimoniale “irregolare”, Francesco, invece che disporre una normativa generale, valida in tutti i casi, ha prospettato la via del discernimento, caso per caso. Ecco perché non ha voluto rispondere ai cinque Dubia dei cardinali, perché le cinque domande sono di carattere generale.
Per esempio la seconda domanda chiede: «2. Continua ad essere valido, dopo l’esortazione postsinodale Amoris laetitia (cfr. n. 304), l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis splendor n. 79, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, circa l’esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi?»
I 5 Dubia si possono leggere schematicamente qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Dubia_(Amoris_laetitia)
La risposta è contenuta nel n. 300 dell’Esortazione:
“Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, come quelle che abbiamo sopra menzionato, è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi.” (Amoris Laetitia n.300)
Da ciò deduciamo che, se il Sinodo non ha voluto offrire “una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi“, ma soltanto aiutare a discernere alcuni “casi particolari“, significa che la normativa generale precedente resta sempre valida e in vigore. Questa è l’interpretazione di Amoris Laetitia, fatta secondo l’ermeneutica della continuità e alla luce del Magistero precedente. Altre interpretazioni furbesche (più liberali, soprattutto riguardo la continenza, cioè l’astenersi dagli atti sessuali propri dei coniugi) riceveranno il giusto giudizio di Dio. Per esempio, i Vescovi argentini, a proposito dell’impegno sincero di vivere la situazione irregolare nella continenza, hanno detto, al punto 5 del loro decalogo, che «l’Amoris laetitia non ignora le difficoltà di questa scelta (nota 329) e lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione, quando non si riesca a mantenere questo proposito.»
Infatti, nel 2016 i vescovi di Buenos Aires prepararono per i loro presbiteri un testo esplicativo di Amoris Laetitia dal titolo “Criterios básicos para la aplicación del capítulo VIII de Amoris laetitia”. Il testo fu inviato al Papa, il quale rispose con una lettera, nella quale scrisse: “Il testo è molto buono e spiega in modo eccellente il capitolo VIII di Amoris laetitia. Non c’è altra interpretazione. Sono sicuro che farà molto bene”.
“L’interpretazione data dai vescovi argentini è stata pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis (fasc. 10/2016) assieme alla lettera di risposta che lo stesso papa Francesco aveva inviato ai vescovi argentini. Tale atto, secondo alcuni, rappresenterebbe un’ufficializzazione della posizione da prendere sull’esortazione apostolica e quindi una risposta, seppur ancora una volta indiretta, ai dubia espressi dai cardinali, nonché una presa di posizione del pontefice.” (Wikipedia)
Dunque, per rispondere alla domanda: i divorziati risposati o i conviventi possono accedere alla S. Comunione? La risposta a livello generale resta sempre no, tranne che “in certi casi”, che devono però essere oggetto di discernimento particolare, da eseguirsi non da soli, ma accompagnati, mediante un percorso predisposto dal Vescovo del luogo.
Alcuni criteri per l’accompagnamento pastorale dati dalla Chiesa di Milano: https://www.chiesadimilano.it/servizioperl...mpagnamento.pdf
APPENDICE Il decalogo interpretativo dei Vescovi argentini (in pratica, la risposta indiretta ai Dubia):
1) Innanzitutto vogliamo ricordare che non è opportuno parlare di “permesso” per accedere ai sacramenti, ma di un processo di discernimento accompagnati da un pastore. Questo discernimento è «personale e pastorale» (300).
2) In questo percorso, il pastore deve porre l’accento sull’annuncio fondamentale, il kerygma, che stimoli all’ incontro personale con Gesù Cristo vivo o a rinnovare tale incontro (cfr. 58).
3) L’accompagnamento pastorale è un esercizio dalla «via caritatis». È un invito a seguire «la via di Gesù, che è quella della misericordia e dell’integrazione» (296). Questo itinerario appella alla carità pastorale del sacerdote che accoglie il penitente, lo ascolta attentamente e gli mostra il volto materno della Chiesa, mentre, contemporaneamente, accetta la sua retta intenzione e il suo buon proposito di leggere la propria vita alla luce del Vangelo e di praticare la carità (cfr. 306).
4) Questo cammino non finisce necessariamente nell’accesso ai sacramenti, ma può anche orientarsi ad altre forme di integrazione proprie della vita della Chiesa: una maggior presenza nella comunità, la partecipazione a gruppi di preghiera o di meditazione, l’impegno in qualche servizio ecclesiale, etc. (cfr. 299)
5) Quando le circostanze concrete di una coppia lo rendono fattibile, in particolare quando entrambi sono cristiani con un cammino di fede, si può proporre l’impegno di vivere la continenza sessuale. Amoris laetitia non ignora le difficoltà di questa scelta (cfr. nota 329) e lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione quando non si riesca a mantenere questo proposito (cfr. nota 364, secondo gli insegnamenti di san Giovanni Paolo II al Cardenale W. Baum, del 22/03/1996).
6) In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile una percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetítía apre la possibilità dell’ accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’ Eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.
7) Ma bisogna evitare di capire questa possibilità come un semplice accesso “allargato” ai sacramenti, o come se qualsiasi situazione giustificasse questo accesso. Quello che viene proposto è un discernimento che distingua adeguatamente caso per caso. Per esempio, speciale attenzione richiede «una nuova unione che viene da un recente divorzio» o «la situazione di chi è ripetutamente venuto meno ai propri impegni familiari» (298). O, ancora, quando c’è una sorta di apologia o di ostentazione della propria situazione «come se facesse parte dell’ ideale cristiano» (297). In questi casi più difficili, i pastori devono accompagnare le persone con pazienza cercando qualche cammino di integrazione (cfr. 297, 299).
8) È sempre importante orientare le persone a mettersi in coscienza davanti a Dio, e a questo fine è utile l’ «esame di coscienza» che propone Amoris Laetitia (cfr. 300), specialmente per ciò che si riferisce a «come ci si è comportati con i figli» o con il coniuge abbandonato. Quando ci sono state ingiustizie non risolte, l’accesso ai sacramenti risulta di particolare scandalo.
9) Può essere opportuno che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La comunità è strumento di una misericordia che è «immeritata, incondizionata e gratuita» (297).
10) Il discernimento non si conclude, perché «è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), secondo la «legge della gradualità» (295) e confidando sull’aiuto della grazia.
https://www.cittadellaeditrice.com/munera/...i-buenos-aires/
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